Notes from Italia ITL 70027: Goffredo Petrassi (1904) Lato 1 ESTRI(1967) [14'25"] per 15 esecutori Emanuele Catania, viola Luigi Lanzillotta, violoncello Ranaello Majoni, contrabbasso Mario Ancillotti, flauto Franco Ferranti, clarinetto Ermete Quondampaolo, clarinetto basso Luciano Giuliani, corno Leonardo Nicosia, tromba Gaetano Palmacci, trombone FabioMarconcini, vibrafono Diego Petrera, Michele lannaccone, Giuseppe Barbirotta, percussione Benigno Benigni, celesta Francesco Catena, clavicembalo TRE PER SETTE (1966) [10'20"] Vre esecutori per 7 strumenti a fiato Mario Ancillotti, ottavino, flauto e flauto in sol Bruno Incagnoli, oboe e corno inglese Franco Ferranti, clarinetto, e clarinetto piccolo in mi bemolle Lato 2 SERENATA (1958) [12'25"] per 5 strumenti Emanuele Catania, viola Raffaello Majoni, contrabbasso Giancarlo Graverini, flauto Fabio Marconcini, percussione Mariolina De Robertis, clavicembalo BEATITUDINES, TESTIMONIANZA PER MARTIN LUTHER KING (1969) [15'00"] per baritono e strumenti su testi tratti dal Vangelo Gastone Sarti, baritono Emanuele Catania, viola Raffaello Majoni, contrabbasso Alberto Fusco, clarinetto piccolo Leonardo Nicosia, tromba in fa Leonida Torrebruno, timpani Solisti dl Teatromusica Direttore: Marcello Pannl Direttore della registrazione: Thomas Gallia Assistente: Paolo Dery Edizioni Suuini Zerboni Coproduzione Italia/Suvini Zerboni Ogni opera di Petrassi nasce sotto il segno della problematicita. Non si tratta, beninteso, di una problematizzazione intellettualistica che coinvolgerebbe 1'esistenza stessa dell'opera come tale, ma piuttosto una riflessione sul comporre, inteso come qualcosa che accompagna, segue o precede i mutamenti esistenziali. Le allegoric non sono troppo difficili - dovendo qui sfiorare appena le opere presentate - anche se Petrassi e un uomo pudico che non azzarda confessions, ma non rifiuta tuttavia 1'allusione, pur che sia accompagnata dal massimo del ritegno. La Serenata per flauto, viola, contrabbasso, clavicembalo e percussione (1958) e indubbiamente una tappa fondamentale nel cammino petrassiano. Non si tratta soltanto del graduale processo di cromatizzazione delle figure - gia iniziato, peraltro, da ben piu di un lustro - ma del loro progressive "raffreddamento" discorsivo, sino ad una completa anestesia che le rende segni autonomi, indifferenti ad ogni tentative di crescita o sviluppo. C'e qualcosa di minerale nella grazia che 1'opera sprigiona con la sua filiforme, ma spesso volutamente opaca e faticosa cantabilita. Siamo assai lontani dalla forma-motivo di sonatistica memoria, ma anche dal tematismo ricercaristico che caratterizza molte delle opere precedenti del Maestro. Dall'immobilit^ della cifra melodica, recante in se la memoria di una individuazione che sta cancellandosi, nasce 1'arabesco dalle movenze svagate e cadenzanti. Ma 1'arabesco non pub che essere ripetuto o continuamente reinventato: spezzato o frammentato, muta connotati e acquista vita autonoma, come quegli organismi che si riproducono per scissione, ma non pub in alcun modo essere sottoposto a processi di "variazione sviluppante". La forma petrassiana, del resto, non patisce schemi, essa vive di intuizioni e di memorie improvvise - citazioni del vissuto - irrelate tra loro come le immagini dell'esistenza. Bisogna coglierne il legame, aderendovi intuitivamente e per virtu di sintonia. In Beatitudines, Testimonianza per Martin Luther King, per basso o baritono e cinque strumenti (1969), la astensione dall'arabesco (ridotto al minimo), giunge sino alia depressione del suono, a un impoverimento interiore che rende interrogativo il testo pronunciato, come se la sua inoperante presenza fosse una memoria remota, alia quale gli strumenti (clarinetto in mi bemolle, tromba in fa, viola, contrabbasso, timpani a pedale) offrono, nella loro eterogenea connotazione timbrica, frammenti dalla mobilissima densita i quali - nati al presente - non sono che reperti archeologici. L'ornamentazione globale, dagli esiti formali notevolmente "statistici", vede Petrassi scavalcare con agility la sua generazione in Estri per 15 esecutori (1966-67) e in Tre per Sette (1967) ossia: tre esecutori per sette strumenti a fiato (flauto con ottavino e flauto in sol, oboe con corno inglese, clarinetto in si bemolle con clarinetto piccolo in mi bemolle). Si badi bene: non si tratta di volonta di "aggiornamento"! Petrassi rifiuta da sempre 1'appropriazione sprovvista della sua necessaria assimilazione interiore: egli rappresenta oggi, nella musica italiana, 1'esempio piu evidente di un "compositore che compone la propria esistenza compositiva". Non si saprebbe additarne alcun altro, sia pur d'oltr'aipe, ma moiti assai che del suo esempio potrebbero giovarsi. Non si tratta, dunque, di rilevamenti cromatici, atematici, strutturalistici, informali e via dicendo - il cammino di Petrassi non segue piste ne lascia orme -; si tratta invece di un lento mutamento del pensiero, che trova nella sempre piu radicale rinunzia all' "immagine" il gesto estroso evocato da ci6 che neU'esperienza compositiva e offerto dalla visualizzazione interiore, per quanto impropria essa possa sembrare, dell'ineffabile. Sia gioioso, svagato, euforico o depresso, il pensiero di Petrassi si muove tra i relitti della musica (le memorie diatoniche non sono piu relitti di quelle cromatiche), con la piena lucidity che gli consente di proseguire a e'sporre i propri gesti, cifre difficilmente analizzabili di un monologo interiore del quale noi non possiamo apprezzare che la superficie ammirevole. In questo monologo, non verbalizzabile ma nella piu stretta connessione al segno del suono, Petrassi trova con tenace perseveranza i sentieri del distacco, della identity impersonalizzata, dove la scrittura e figura prima d'esser parola e segno prima d'esser figura; egli conduce o meglio indica con cenni lievi quei sentieri che portano alia soglia del silenzio, ma di essa soglia afferma anche - meglio di ogni altro - 1'invalicabilita. Franco Donatoni Notes from Italia ITL 70072: L'ARPA CONTEMPORANEA Goffredo Petrassi (1904) FLOU [7'53"] Claudia Antonelli, arpa Direttore della registrazione: Eduardo Ogando Tecnico del suono: Massimo Becagli Registrazione effettuata presso to Studio A di Roma delta Fonit Cetra net giugno 1980 Edizioni: Suuini Zerboni The harp is a very suggestive instrument, and it has easily risen in prestige over the past few years, in a period when the timbre and sound of the instrument, its special character and the art of its performer have been given a definite place within the framework of modern music, with its almost total interest in the course of a series of intervals. What more can be said about Goffredo Petrassi, this master of Italian music, represented here with his "Flou". It's well- known how Petrassi in the past few decades has abandoned a certain neo-classic monumentality and gesturing that characterize his middle period (Psalm IX, Coro di Morti), and has addressed his writing ever more towards elegant sound structures, called "abstract". And this term, borrowed from the visual arts though perhaps strange in a musical context, renders the idea rather well. But if in his music for more instruments (7th, 8th concerto, concerto for flute and orchestra) we hear an inner weaving of drastic "gestures" (almost ghosts of past perorations) with aereal reductions of sound textures (in this sense, the string quartet shows an extraordinary theatricality) in the short chamber compositions, Petrassi often and willingly carries out his idea of the "abstract", that is created from the rhapsodic, unpredictable succession of sounds. Petrassi indicates timbres, figurations, measuring sudden transitions, zig- zaggings. Of course there are repeated figurations, but they exist purely as an arcane, amazing presence. English version by Marilyn Turner